Le dipendenze e la floriterapia

La dipendenza in quanto tale abbraccia diversi settori della nostra vita, che riguardano aspetti ormai ritenuti degli status symbol: il sesso, un’affettività che di sano conserva ben poco, beni di consumo cui viene data un’importanza eccessiva, cibo, gioco d’azzardo e altro ancora. Si tratta delle cosiddette new addiction, nuove forme di dipendenza in cui l’oggetto incriminato non è una sostanza particolare ma un atteggiamento o un ‘attività nella quale ci si riconosce e con la quale ci si identifica.

E’una condizione che ormai riguarda una percentuale molto ampia di persone, depositarie di una “cultura del vuoto” o se si preferisce, dell’assenza. Molto spesso sono individui con un basso livello di autostima e che tendono ad identificarsi in quello che fanno o rappresentano ma non in quello che sono realmente. Hanno vergogna o timore di raccontare cosa gli succede e anche questo è un aspetto importante da considerare poiché potrebbe ritardare la richiesta di aiuto.

In realtà hanno necessità di soddisfare bisogni compulsivi che rispondono in quanto tali ad esigenze ben precise, se pur distorte, che rispecchiano ideali incompatibili con una vita sana: per esempio lavorare moltissime ore al giorno cercando di sentirsi più realizzati o socialmente riconosciuti, pensando ci debba essere una corrispondenza tra le ore trascorse a lavoro e il valore che si attribuisce a se stessi. Una delle caratteristiche dell’atteggiamento dipendente sta proprio nella distorsione del “piacere” in quanto tale, laddove questo diventa una necessità motivata da esigenze personali ma confuse o in qualche modo “inquinate” dal vissuto personale e perde la sua connotazione originaria per acquisirne un a nuova, differente, che possiamo sintetizzare nell’equazione piacere+sofferenza=riconoscimento di sè.
Infatti, la persona dipendente vive nel costante bisogno di assecondare questo impulso che, solo, riesce a farla sentire appagata. Ovviamente si tratta di un bisogno nel quale si fondono aspettative, convinzioni personali, e significati che riflettono l’immagine che la persona ha di sé.

In qualche modo la reiterazione di comportamenti e gesti assume le sembianze di un rituale nel quale ci si riconosce e ci si “riprogramma” alla luce di significati e bisogni nuovi, che ovviamente investono tutta la vita influenzando rapporti sociali e familiari. Basti pensare alla dipendenza da gioco d’azzardo, dove la persona è ben consapevole delle scarse possibilità di vittoria, eppure continua a sfidare e a sfidarsi, fino a quando le risorse glielo permetteranno, fino a quando qualcosa di più grave non la fermerà del tutto. E anche allora, la necessità di porsi oltre quel limite, consentito dal buon senso e da un atteggiamento di rispetto e di autoconservazione, sarà più forte.
Una sfida continua, senza tempo, il cui termine non è dato di sapere, perché nessuno di noi conosce il suo limite massimo, il suo momento di dire “basta!”.

In alcuni casi il valore che si attribuisce a questo tipo di episodi è prettamente “sostitutivo” dell’appagamento e del piacere che non si sanno ottenere altrimenti. Un rapporto disfunzionale, vizioso, carico di significati spiraliformi, che si aggrappano a convinzioni errate e ad altrettanto errate percezioni della propria identità.
Sicuramente il vissuto personale riveste un ruolo fondamentale in quanto bagaglio dal quale partire per cercare di comprendere i meccanismi di riparazione e/o compensazione, se si vuole anche “perversi”, che ciascuno di noi mette in atto per rispondere ad un bisogno fondamentale: essere accettati e accolti dall’altro in funzione di quello che rappresentiamo ai nostri occhi ma soprattutto acquisire il senso di sé, la percezione del proprio valore, forse disconosciuto in un lontano passato.

Gli strumenti per affrontare il problema della dipendenza sono molteplici e talvolta si possono scoprire anche delle sinergie molto costruttive.

La floriterapia, per esempio, offre un valido supporto alle persone che decidono di intraprendere un percorso di conoscenza e comprensione delle dinamiche dolorose che si possono instaurare in questi casi.
Ovviamente si tratta di una scelta il cui valore può essere amplificato anche dall’affiancamento di una psicoterapia mirata che ne valorizzi la terapeuticità.

La dipendenza affettiva

La dipendenza affettiva è una condizione psicologica e culturale molto presente in questo momento storico; appare legata a bisogni fondamentali dell’individuo, che spesso si identificano nella necessità di avere accanto qualcuno che sia un vero e proprio supporto emotivo, una fonte di contenimento per tutte quelle paure, angosce e frustrazioni che non saprebbe gestire altrimenti. Appare evidente che un rapporto caratterizzato da una tale “gestione” non avrà vita lunga ma la costante di tali situazioni è proprio la reiterazione di un certo tipo di comportamento e quindi un bisogno compulsivo che spinge la persona a ricercare costantemente un sostituto affettivo sul quale investire le sue aspettative e le sue frustrazioni. La nostra società, carente dal punto di vista strutturale (modelli relazionali familiari, scuola, mondo del lavoro, ecc) ma assai presente dal punto di vista mediatico (in modo neanche troppo subliminale), offre all’utente finale un messaggio nel quale si esaltano modelli di seduttività, con riferimento a situazioni affettive ambigue, nelle quali sapersi destreggiare diventa un’impresa titanica. Definire il proprio ruolo per chi non ha ben chiara “la giusta distanza” tra il riconoscimento di sé e il suo valore all’interno di una coppia, ma soprattutto per chi ha alle spalle un vissuto di privazione, diventa molto difficile.

La persona, attraverso una ricomposizione del proprio “io” cerca di trovare un equilibrio, spesso pagando a caro prezzo la scelta di dinamiche forzose e logoranti che nel tempo rivelano tutta la loro fragilità. Sicuramente, quindi, quello che conta è la sperimentazione che l’individuo mette in atto rispetto al proprio “sentire: l’importanza e la centralizzazione di un rapporto simbiotico (che normalmente si lega alle figure genitoriali) dove l’esclusività rivela spesso contorni tragici, è direttamente proporzionale alla delocalizzazione del proprio sé, destinato a diventare un satellite nel rapporto con l’altro. L’identificazione del soggetto dipendente con la situazione o la persona oggetto dei suoi pensieri è l’aspetto forse più pericoloso e allo stesso tempo più spersonalizzante del problema, che rende estremamente vulnerabile il dipendente stesso. La ciclicità ossessiva di comportamenti e clichè investe la sua vita in pieno e si alimenta di fantasmi non digeriti: la contropartita rispetto ad una relazione disfunzionale e malsana saranno la perdita di autonomia e l’accettazione di standard di vita qualitativamente scadenti, dove il sacrificio e la sottomissione all’altro diverranno la regola. I punti di riferimento, rispetto ad una vita imperniata attorno a rapporti solidi e costruttivi hanno lasciato il posto a situazione affettive incerte, lacunose e talvolta distorte. Se a questo aggiungiamo un passato spesso fatto di aspettative disattese e bisogni non riconosciuti…ecco un possibile identikit del nostro dipendente. Sicuramente la persona che sceglie di sganciarsi da un meccanismo come quello della dipendenza è una persona che ha già vissuto esperienze dolorose e mortificanti. La floriterapia offre, in questo caso, un supporto valido per consentire di lavorare su aspetti personali ed emozionali .

In questi casi è opportuno affidarsi ad un floriterapeuta competente, magari, come suggerito in precedenza, affiancando questo percorso ad altri che possano accompagnare la persona verso una maggiore consapevolezza. Può succedere, infatti, che questa non sia pronta ad affrontare direttamente il problema e che debba innanzitutto comprendere concetti più importanti, quali il valore della libertà personale e la sua reale importanza in quanto “individuo”, che passa attraverso il riconoscimento di sé. Ad ogni modo il fiore conserva una sua “intelligenza” che gli consente di modulare il valore del suo messaggio rispetto alle reali possibilità di acquisizione della persona che potrà accedervi soltanto quando sarà pronta. I primi fiori ad essere suggeriti sono sicuramente quelli più validi per un primo intervento e possono poi essere affiancati e/o sostituiti, (qualora la persona decida di intraprendere il percorso prescelto) da altri, utili a trattare i successivi sviluppi. In questi casi diventa molto importante lavorare sull’autostima e la ricostruzione di sé, alla luce di avvenimenti passati, che hanno avuto una ripercussione nel presente. Devono essere assunti per almeno 21 giorni, il tempo necessario per adottare un nuovo atteggiamento ma anche il tempo esatto affinchè maturi quello che possiamo chiamare un atteggiamento di dipendenza. Dopo tre settimane emergerà l’emozione che la dipendenza nasconde e che dovrà essere trattata con la miscela più adatta. Parliamo di un lavoro che richiede tempo, costanza e dedizione, proprio perché riguarda memorie antiche e convinzioni profonde, ma migliorare la qualità della propria vita e del proprio sentire è un compito che riguarda soltanto noi.

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