Un dono della natura: i gemmoderivati

I gemmoderivati nel settore erboristico sono ormai ampiamente diffusi, nonostante ancora sopravvivano piccole frange di esemplari estranei all’argomento… Per produrlo si utilizzano le parti giovani della pianta: gemme , giovane scorza, radichette, linfa semi, ecc, ricche in fitormoni vegetali (auxine e giberelline)che ne fanno un prodotto insostituibile per la sua valenza terapeutica ed energetica.

Può essere assunto con estrema tranquillità poiché non ha controindicazioni né effetti collaterali ed ha un contenuto ridotto di alcool rispetto ad altre preparazioni, poiché la sua è una diluizione idrogliceroalcoolica. Tuttavia, l’obiettivo che questo articolo si propone è soprattuttonquello di approfondirne il ruolo fitoetico.

Il temine fitosociologia venne usato per la prima volta negli anni quaranta, dal padre della gemmoterapia, il belga Pol Henry, con il proposito di sottolineare la compatibilità di terreno e quindi di azione terapeutica tra gli “individui vegetali”.

In effetti, il fatto che alcune specie di piante vivano l’una accanto all’altra ne sottolinea non soltanto l’affinità curativa, che manifesta una compatibilità “di terreno” tra humus e sangue, ma anche la capacità di intervenire solo e soltanto su alcune alterazioni siero proteiche.

Ne consegue che alcuni gemmoderivati non dovrebbero essere miscelati tra loro, poiché la loro azione riguarda tessuti e alterazioni diverse.

L’azione terapeutica dei macerati glicerici, si esplica non soltanto a livello organico e tissutale, un livello profondo ed energeticamente difficile da trattare, perché è in quella sede che si manifestano i disagi dell’uomo, ma anche e soprattutto a livello energetico, poiché l’azione del drenaggio, riconosciuta da Pol Henry come uno dei tre modelli di intervento, oltre a quello biologico-analogico e a quello clinico, è quella che , a mio avviso, riveste un ruolo fondamentale nella detossificazione dell’organismo e quindi nella sua capacità di autorigenerazione.

Nel momento in cui l’organismo viene drenato e quindi le tossine espulse attraverso i suoi principali organi emuntori, il modello d’azione analogico ci consente poi di intervenire su un terreno “certo”: quello dove il soggetto potrebbe più facilmente accusare un disagio.

Ma il drenaggio dell’organismo è un vero e proprio drenaggio energetico e dell’anima , un intervento a trecentosessanta gradi sull’essere umano attraverso il quale si profila la possibilità di ristabilire un equilibrio organico che è anche e soprattutto un equilibrio psicofisico.

Ed è proprio il suo raggio d’azione a rendere il gemmoderivato un prezioso alleato della visione olistica, che considera l’uomo un tutt’uno, capace di trovare in se stesso la volontà di autoguarigione e autorigenerazione, perché capace di innescare un meccanismo di causa-effetto cui l’organismo risponde e la cui risposta varia, ovviamente, in base al terreno che trova e all’energia che lo attraversa.

E per questo motivo credo che la sua azione per certi versi si ricolleghi a quella dei fiori utilizzati in floriterapia, il cui obiettivo è non soltanto quello di ristabilire una corretta comunicazione tra l’individuo e la sua anima ma anche quella di stimolare la comprensione e la conoscenza di ciò che, a volte e purtroppo, soltanto i sintomi possono rivelarci attraverso un conflitto.

Sembra lontano il tempo in cui uomini vestiti con lunghe tuniche bianche si aggiravano nei boschi alla ricerca di una pianta dalle capacità miracolose; costoro tendevano i loro teli tra gli alberi affinché   la pianta tagliata non toccasse la terra inquinante e il taglio veniva effettuato con falcetti d’oro a sottolinearne la sacralità.

Questa è la leggenda della raccolta del vischio, pianta cara ai Celti, che nel suo ciclo di vita “aereo” amavano leggerne tanto la spiritualità quanto la potenza guaritrice.

Ancora oggi, in Sicilia, vi sono persone che, rispettose della dignità delle piante, intagliano la corteccia del Frassino per estrarne la manna, essudato prezioso all’uomo, e prima di accingersi a quest’operazione, pregano affinché l’albero non soffra e possa offrire il suo dono senza dolore. Un vero e proprio atto d’amore che si concretizza nel pieno rispetto dell’uomo verso la natura, alla quale nulla viene estorto ma soltanto richiesto.

La ritualità di quest’operazione rende sacro il vincolo che lega l’uno all’altra e proprio in questa sacralità si compie l’atto d’amore che la pianta rivolge all’uomo.

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